La poetica di Van Gogh
Nel 1886 arriva nella capitale francese Vincent Van Gogh, un artista che con il suo violento temperamento riesce a rinnovare l’arte europea, negli anni in cui l’Impressionismo sta declinando. Attraverso lo studio dei colori e della luce, gli impressionisti esprimono sulla tela immagini confuse e disordinate della realtà; stendono il colore con una serie di macchie e tocchi, con pennellate di luce e di riflessi, che, se osservati da una certa distanza, suggeriscono la vibrazione dell’atmosfera. Attraverso il colore, invece, Van Gogh esterna con estrema violenza l’interiorità umana. Le seguenti parole, scritte dal pittore due anni dopo la sua permanenza a Parigi, ci forniscono un’idea della funzione che, nella pittura, Van Gogh attribuiva ai colori:
“Esprimere l’amore mediante l’unione e la opposizione di due colori complementari, nelle vibrazioni misteriose dei toni accostati … Esprimere il pensiero d’una fronte con le radiazioni d’un tono chiaro su un fondo scuro … Usare il colore arbitrariamente per esprimersi con forza”.
Oltre a Van Gogh, anche altri artisti attribuiscono al colore, alla sua purezza ed ai suoi accostamenti un significato simbolico, ad esempio il pittore francese Paul Gauguin a cui Van Gogh fu legato da un’amicizia fraterna. Nessun artista, però, riuscì a rappresentare il dolore umano con una violenza figurativa come Van Gogh; l’esasperato tormento dei suoi dipinti diventa modello d’ispirazione dei primi pittori “espressionisti”. Van Gogh è un pittore autodidatta, elabora una tecnica propria che dà forma alle sue immagini interiori e trasforma la realtà in simboli che rispecchiano i suoi stati d’animo. Nelle sue opere proietta il suo dolore e se stesso. L’artista scrive: “Le emozioni sono talvolta così forti che le pennellate si susseguono senza fine”.
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Le due sedie
Questi due dipinti, le sedie di Vincent e di Paul
Gauguin, sono tra le opere di Van Gogh, i lavori che più spesso vengono analizzati. Molti storici hanno scritto su queste due sedie, forse a causa delle interpretazioni
simboliche che si possono attribuire al loro soggetto. Van Gogh stesso
discusse questi lavori in un certo numero di lettere, ma evitò di dare una
qualsiasi interpretazione dettagliata del significato sottinteso dei
quadri.
Le due sedie sono completamente diverse, e denotano le personalità dei due artisti. La sedia di Van Gogh è eseguita con colori più chiari e
suggeriscono la luce del giorno. Essa è semplice, senza
pretese una normale sedia di paglia su un pavimento dalle mattonelle
rossicce. Sulla sedia ci sono degli oggetti: la pipa, il fazzoletto e il tabacco.
Su questi oggetti si è detto di tutto. Le mattonelle, disegnate con una prospettiva alquanto imprecisa che esprimono la dinamicità e la volubilità del carattere dell'autore, sono dipinte con tratti di decise pennellate placate da macchie
di rossi, marroni e verdi. Il blu usato per delineare le parti della sedia induce, invece, ad una staticità, una sensazione di calma, e di chiarezza.
La sedia di Gauguin è una sedia elaborata. I colori utilizzati, rosso e verde, presenti
in tonalità più scure, più cupe, suggeriscono la notte la meditazione e denotano l'assenza di una persona.
Qualunque interpretazione se ne possa dare, i dipinti delle due sedie
rimangono tra i lavori più amati e meglio eseguiti di Vincent.
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“Autoritratto” 1889 – olio su tela, 65x54 cm – Parigi, Musée d’Orsay.
Cosa può indurre in un uomo, la voglia di rappresentarsi per ben 35 volte (solo nei dipinti) in circa quattro anni? Cosa cercava nel suo volto, nella sua figura. Vincent, modello di se stesso, si rappresentò con pochi altri elementi: pipa, cappello, bicchiere e benda. Grazie a questi oggetti ad alcuni quadri si riesce a dare un titolo unico mentre per gli altri il semplice titolo "autoritratto" non li definisce. Una prima lettura potrebbe portare, ma con molta superficialità, al narcisismo: innamoramento della propria immagine, o di se stessi che in certi versi, anche se non rispecchia in nessun modo la vita di Vincent Van Gogh, potrebbe essere un desiderio nascosto nel profondo del proprio inconscio, espresso inconsapevolmente. Ma la vita di Van Gogh non è un segreto, è risaputo infatti che egli non era interessato alla sua persona al punto tale da farne un idolo, ma era un tipo dall'aria sognante, che amava la solitudine; egli si sentiva in stretta connessione con la natura, e rimaneva per ore e ore a meditare nei campi, studiando le piante, le abitudini degli insetti, e cercando di scoprire il segreto delle cose. Un uomo che spinge i suoi interessi verso i bisognosi, i poveri; sconvolto dallo spettacolo della miseria operaia, decise più volte di aiutare la povera gente, di mettersi dalla parte di chi è bisognoso, e ad un punto della sua vita decide di voler diventare pastore evangelico; per darsi alla predicazione presso i minatori del Borinage, gente con la quale condivise la loro misera esistenza. Un uomo che raccoglie le persone dalla strada, e li aiuta. Così fece a Sien, una miserabile prostituta incinta e madre di una bimba, che un giorno incontra per strada e l'accoglie a casa sua. Egli la cura, ed ella diventa la sua compagna. Sien fu per Vincent, non solo la sua compagna e la sua modella, ma una presenza fondamentale nella sua vita, egli riversa su Sien il suo bisogno di tenerezza, la sua pietà e la sua carità, al punto di volerla come moglie. Van Gogh, insomma, è una figura di un uomo altruista, che si distacca sicuramente dal narcisismo, in qualsiasi sua forma.
La spiegazione della presenza di questi lavori forse trova la sua origine nelle influenze che l'artista ha ricevuto da altri pittori e dall'ambiente in cui viveva. Van Gogh, soprattutto nei suoi primi periodi, fu influenzato dai pittori olandesi del barocco, da Rubens, Millet, Daumier, Corot, Delacroix, quindi da Degas, dalle scoperte divisioniste di Seurat e Signac e dagli incisori giapponesi, le cui opere avevano già lasciato una profonda influenza negli impressionisti. Si sono riscontrati anche certi scambi d'influenze tra lui e Gauguin. Egli era convinto, come Gauguin, che la pittura fosse un'espressione al servizio di un'idea, ma un'idea poteva essere semplicemente un'interpretazione personale, perfino arbitraria, della natura, cercando di dar libero sfogo alla sua immaginazione.
Se associamo questa ambientazione, con la ricerca artistica, motore propulsivo, di Vincent Van Gogh, ci spighiamo una prima parte del quesito, identica con altri lavori, e cioè la ripetizione dei soggetti: Vincent Van Gogh effettuava molte ripetizioni dei suoi soggetti al fine di ricercare e ottenere l'espressione voluta. E' possibile affermare che la differenza tra un autoritratto e l'atro consiste soprattutto nelle sfumature tecniche che egli ha utilizzato. Infatti i suoi autoritratti possono, se letti in senso cronologico, identificare le differenze espressive e le tecniche di realizzazione, che maturano e si identificano con i fatti del suo vissuto. Negli autoritratti con l'orecchio bendato, forse per un inconscio desiderio di riparare al fatto, la tecnica utilizzata, rivela una stretta vicinanza alle soluzioni di Gauguin nelle ampie zone di colore stese uniformemente, à plat, e nella spessa linea di contorno scuro che racchiude l’immagine, il cloisonnisme. Ma è nella sua solitudine che troviamo l'altra parte delle motivazioni dei suoi autoritratti, infatti Vincent era un uomo molto solo, forse proprio perché egli aveva delle profonde certezze, dalle quali non poteva sfuggere, e che non comprometteva con altri. È pur vero che Van Gogh, non disponendo di modelli, per rappresentare una figura umana, ricorre a se stesso , ma i suoi autoritratti sono, anche, un modo di identificare la sua solitudine, ed in un certo senso di voler comunque essere presente in un mondo che l'ha rifiutato. Egli voleva rappresentarsi come se fosse stata un'apparizione, un'immagine che si vede ma che non c'è, un dipinto che pur rappresentando il vero lo rivela attraverso una bugia, da questo la fusione dei toni del soggetto con quelli del fondo, i tratti materializzati con pennellate di colore che rendono dinamicità e piena espressione dei sentimenti dell'animo. Nei suoi ritratti notiamo l'applicazione di molto colore corposo applicato con pennellate irregolari, risaltando l'effetto voluto con la reciproca concordanza della linea e del colore. Egli Applica il colore puro, così come esce dal tubetto, violento, appassionato e arbitrario. La forma è importantissima, inseparabile dal contenuto, ed è la ragione principale delle sue sintesi, delle sue deformazioni, dato che il contenuto dipende dal suo stato d'animo in quel preciso momento. La forza cromatica delle pennellate tende a fare risaltare la tristezza dell’artista, conferendogli una drammatica veste figurativa. In altri autoritratti la sua pittura si trasforma: il colore irrompe sulla tela e la stesura di brevi e filamentose pennellate di pigmento puro tradisce l’osservazione degli impressionisti. L’intensità delle gamme cromatiche rivela una fase di vitalità creativa che supera le cupe atmosfere del precedente periodo olandese.
Durante l'ultimo mese di permanenza a Parigi, prima di trasferirsi ad Arles, Van Gogh dipinge un autoritratto, dal quale traspare il suo disagio psichico in una città sempre più attratta dal vortice della modernità e della produttività. Il pittore appare invecchiato e con lo sguardo stanco.
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Autoritratto con cappello di feltro scuro - Parigi 1886 -
Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto al
cavalletto con cappello di feltro scuro - Parigi 1886 -
Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto con
pipa- Parigi 1886 -
Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto con
pipa - Parigi 1886 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto - Parigi 1886 - L'Aia, Haags Gemeentemuseum
Autoritratto con
pipa e bicchiere - Parigi 1887 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto con
cappello di paglia - Parigi 1887 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto con
cappello di feltro grigio - Parigi 1887 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto con
cappello di feltro grigio - Parigi 1886/7 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto - Parigi 1887 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto - Parigi 1887 - Otterlo, Kröller - Müller Museum
Autoritratto - Parigi 1887 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto con
pipa- Parigi 1887 - Chicago, The art Institute of Chicago
Autoritratto con
pipa- Parigi 1887 - Hartford (Conn.), Wadsworth Atheneum
Autoritratto con
cappello di paglia e pipa - Parigi 1887 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto - Parigi 1887 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto con
cappello di paglia - Parigi 1887 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto - Parigi 1887 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto - Parigi 1887 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto con cappello di paglia - Parigi 1887 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto con cappello di paglia - Parigi 1887 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto con stampa giapponese - Parigi 1887 - Basilea, Offentliche Kunstsammlung, Kunstmuseum Basel (in
prestito dalla Emily Dreyfus Foundation)
Autoritratto - Parigi 1887 - Parigi, Musée d'Orsay
Autoritratto - Parigi 1887/8- Zurigo, Fondazione E.G. Bührle
Autoritratto con cappello di feltro grigio - Parigi 1887/8 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto con cappello di paglia - Parigi 1887/8 - New York, The Metropolitan Museum of art
Autoritratto davanti al cavalletto - Parigi 1888 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritrattocon pipa e cappello di paglia - Arles 1888 - Amsterdam, Van Gogh Museum
Autoritratto (Dedicato a Paul Gauguin) - Arles 1888 - Cambridge (Mass.), Fogg art Museum, Harvard University
Autoritratto - Arles 1888 - New York, The Metropolitan Museum of art
Autoritratto con orecchio bendato - Arles 1889 - Londra, Courtauld Institute Galleries
Autoritratto con orecchio bendato e pipa - Arles 1889 - Collezione privata
Autoritratto - Saint-Rémy 1889 - Collezione privata
Autoritratto - Saint-Rémy 1889 - Washington, National Gallery of art
Autoritratto - Saint-Rémy 1889 - Parigi, Musée d'Orsay
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