Rubrica d'arte

Iperrealismo

Iperrealismo

Francesco StileL'iperrealismo è una corrente artistica nata nel 1973 che si è sviluppata prima negli Stati Uniti e in seguito si diffuse anche in Europa. Il suo nome fu coniato dal gallerista Isy Brachot che con la parola francese “Hyperréalisme” intitolò una mostra nella sua galleria di Bruxelles sui maggiori esponenti del movimento fotorealista.
Come nel fotorealismo, queste opere d'arte sono basate sulla riproduzione di un soggetto fotografico. Una o più fotografie vengono utilizzate affinché l'artista tragga le informazioni necessarie alla creazione dell'opera al fine di  ricreare con estrema ed esasperata maniacalità la fotografia e quindi la realtà stessa. Questo movimento artistico non si è mai chiuso e ancora oggi dopo quarant'anni dalla sua nascita molti artisti utilizzano la tecnica fotorealista e su internet immagini disegnate secondo questa tecnica sono molto diffuse e stupiscono gli utenti della rete con la vastità di soggetti rappresentati e gli strumenti usati, dai disegni con matita o con carboncino, ai dipinti ad olio o con colori acrilici, fino alle sculture in silicone.

I primi artisti di questo movimento aprirono la strada verso un radicale realismo sulla scia della Pop Art -tradotto come “arte popolare” ma nel significato di, appunto, arte che rappresenta la realtà- e spesso collegandosi all'ascesa dei media. Come non ricordare ad esempio Claes Oldenburg con le sue riproduzioni in grande scala di semplici beni di consumo, come hot-dog e gelati, così familiari all'ipernutrita popolazione statunitense, o Andy Warhol con la sua famosissima serie di barattoli di minestra Campbell. In questo caso, gli artisti intendono sottolineare l'assurdità delle immagini di uso commerciale e pubblicitario, trasformando la stessa opera d'arte da oggetto unico e irripetibile diventa un prodotto in serie -i barattoli di minestra, appunto- come una qualsiasi merce, affermando inoltre che il gusto stesso del pubblico e dell'osservatore, abituato ai messaggi pubblicitari, si era uniformato e standardizzato in questa novella società di massa.

Francesco StileIn questo pandemonio urlante di immagini e pubblicità creato dai nuovi media, l'artista fotorealista cerca invece di recuperare l'immagine, la realtà, per esaltarla in modo che fu definito quasi maniacale, attraverso una serie di tecniche di disegno. E in questo che il disegno iperrealista si distingue. L'artista scozzese Paul Cadden ci dà la sua personale definizione di iperrealismo. “L'iperrealismo” ci dice Cadden “tende a creare un impatto emotivo, sociale e culturale e si differenzia dal fotorealismo, che è molto più tecnico.” In questa smania di rappresentare la realtà nel modo più fedele possibile, l'artista cerca di mostrare qualcosa che va oltre l'immagine stessa, quasi tracciando nelle linee dei volti ritratti le storie di quelle stesse persone. Guardando i loro occhi limpidi, quasi liquidi, l'osservatore potrebbe provare, oltre ad un senso di stupore e sorpresa, un desiderio di conoscere le persone dei ritratti, parlarci e scoprire cosa hanno da dire, cosa si nasconde dietro le loro espressioni  e le loro pose. Quel sigaro fumoso, quello strano ghigno, quella mano consumata dal lavoro, quella particolare ruga sul volto o quella cicatrice, qualunque dettaglio può assumere un significato profondo e celare così la chiave di comprensione dell'opera intera.
Per cui, l'iperrealismo non è la rigorosa riproduzione di un soggetto o di una fotografia, in quanto l'artista è libero di incorporare dettagli nuovi ed elementi aggiuntivi, creando una realtà fittizia in tutto simile alla realtà come la conosciamo. Viene messa in mostra non solo l'abilità e la tecnica dell'artista, ma l'immagine reale si carica di intensità emotiva. Cadden, per esempio, si pone come obiettivo di mostrare la realtà per quello che è, nella sua crudezza e complessità.

Ma non bisogna necessariamente pensare a ritratti quando si parla di iperrealismo, per quanto breve sia il volo mentale verso quei volti spettacolari da cui colano gocce d'acqua, soggetti tipici di questa corrente artistica. Qualunque cosa può essere riprodotta e rappresentata con l'ausilio di fotografie, da paesaggi, come in questo quadro di Paolo Gotti, nature morte, come invece in quest'opera di Orlando Ricci, o come in questi quadri di Roberto Bernardi in cui vengono rappresentate caramelle e dolciumi o utensili da cucina.
Ma si potrebbe continuare ancora e citare il lavoro di Duane Hanson, scultore statunitense, che invece realizzava con diversi materiali sculture straordinariamente dettagliate di persone comuni in atti di vita quotidiana, complete di acconciature e abiti veri.

Un altro scultore, il californiano John De Andrea, diversamente da Hanson, ha prediletto come sogetti delle sue opere dei nudi femminili. Quello che però può sembrare un elemento topico della pittura, da Tiziano a Manet, qui invece sembra assumenere un significato diverso, perché le pose così discinte e abbandonate di alcune delle sue statue fanno pensare, nel loro estremo realismo, quasi a dei veri e propri corpi morti, unendo così la bellezza sinuosa delle forme dei corpi femminili ad una sensazione sinistra e angosciosa, in un luogo della mente dove i più violenti istinti vitali si scontrano con la tenebrosa idea della morte.
Eppure, l'arte non si manifesta solo in queste forme “tradizionali” e mi piacerebbe dedicare spazio anche ad un'altra forma di arte tutta moderna, l'arte digitale. Visto che si tratta di una corrente artistica rivoluzionaria penso si adatti perfettamente all'arte digitale, fusione di tradizione e tecnologia. Uno dei pionieri di questo genere è Bert Monroy, artista statunitense e collaboratore di Pixar e Disney Animation e docente della School of Visual Arts di New York, e ovviamente un importante esponente della corrente fotorealista. Tra le opere più conosciute di Monroy c'è una rappresentazione di Damen, la stazione metropolitana di Chicago, realizzata in digitale, con due diversi programmi, Adobe Illustrator e Photoshop.

Citando l'artista, “Come pittore fotorealista, spesso mi è stato chiesto perchè non scatto semplicemente una fotografia. Bella domanda, soprattutto se si considera che i miei quadri sembrano fotografie. Beh, per prima cosa, io non sono un fotografo. Per me, non è la destinazione che è importante, ma il viaggio. La mia motivazione è la sfida incredibile di ricreare la realtà”. Già questo basterebbe a dare validità a questa corrente artistica, famosa per la bellezza della tecnica e per lo stupore che crea nell'osservatore, ma forse carente in originalità e stile personale. Forse, più che di stile, nell'iperrealismo si può parlare di soggetto. Mentre l'artista non sceglie come rappresentare il soggetto -perché si attiene strettamente alla realtà, quindi non sceglie uno stile personale- ma può usare la sua personale fantasia e creatività per scegliere cosa rappresentare. Un bicchiere vuoto, un volto, un mozzicone di sigaretta, un panino, un animale, un paesaggio, qualunque cosa l'artista trovi interessante. Ed è la sfida a sembrare allettante più di ogni altra cosa, il duro lavoro e la prospettiva impossibile di creare qualcosa che sembri reale e poter trarre un sospiro di soddisfazione quando quello scopo viene finalmente raggiunto.

di Michela Oliviero

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